Willie J Healey: la risposta britannica alla nuova ondata di slackers?


Se dovessi scommettere su una possibile next big thing, punterei dritto su questo ragazzo rossiccio.

Willie J Healy, 22 anni, da Oxford, faccia da schiaffi e un talento tale da mettere in imbarazzo nomi ben più quotati.
L’interrogativo che campeggia nel titolo non brilla per originalità, in quanto aleggia tra gli addetti ai lavori già da quasi due anni, ovvero da quando Willie ha fatto il suo ingresso – poco più che maggiorenne – sulla scena indipendente d’Albione. Lui stesso ha definito la propria musica rock and stroll (stroll: farsi una camminata).
Un’attitudine, quella da pigro anti-rocker,  emersa soprattutto nei suoi primi lavori, gli EP HD Malibu e Saturday Night Feeling del 2015, ma riscontrabile anche nella sua personalità: cosa dire di un apparente timido nerd che si registra la musica quasi da solo in garage e al contempo si compra una limousine usata?

Il mese scorso è tornato con il terzo EP della sua già corposa discografia, dal titolo Hey Big Moon, e sebbene l’approccio di base rimanga immutato, si fa notare una maggiore raffinatezza compositiva abbinata ad un mood più notturno – per dirla terra terra, meno cazzone.

Dentro la sua musica c’è di tutto, Ty Segall e i Blur, i Galaxie 500 e i Girls, Elliott Smith e King Krule. Passa con estrema disinvoltura dai pezzoni tirati alle ballate trasognate, passando per sortite lo-fi da puro slacker.

Tempo fa ha dichiarato di avere già materiale per circa 62 album. Chissà che il 2017 non sia l’anno buono per il debutto in full length.

SIMILAR FLAVOURS: Ty Segall, King Krule, Graham Coxon

Flavours of The Year 2014 – Album Internazionali

10Ty Segall, Manipulator

9Sohn, Tremors

8St. Vincent, St. Vincent

7Real Estate, Atlas

6Ryan Adams, Ryan Adams

5Morrissey, World Peace Is None Of Your Business

4Sun Kil Moon, Benji

 

 3Mac DeMarco, Salad Days

 

 

 

 

 

 2The War On Drugs, Lost In The Dream

 

 

 

 

 

 


1 Angel Olsen, Burn Your Fire for No Witness

Vinilizzatemi, per favore

A chi non piacerebbe ricevere ogni mese un elegantissimo vinile a sorpresa, da accompagnare alla lettura di una testata musicale mentre si sorseggia un cocktail allo stato dell’arte? Forse ad un astemio sprovvisto di giradischi, ma nel mio caso si tratterebbe della raffigurazione plastica della proverbiale manna dal cielo. Ma non si tratta di un sogno impossibile.

E’ questo infatti il trattamento di lusso riservato a chi si abbona a Vinyl Me, Please: un disco di ottima musica, una copia del settimanale The Standard e una sofisticata ricetta per un drink; a completare il tutto, offerte speciali per l’acquisto di dischi ed accessori.

La proposta è succulenta anche per il valore dei vinili in questione, che cercano di soddisfare ogni palato spaziando dal pop al jazz, sempre tenendo alta l’asticella della qualità. Così, chi è iscritto al servizio fin dalla sua nascita, ha potuto fin qui vedersi recapitati a casa i War On Drugs (vedi sopra) e i Japandroids, ma anche Thelonious Monk e il Ben Webster Quintet, il cui Soulville è il disco di questo mese.

Purtroppo, di lusso vero si tratta, soprattuto per i membri al di fuori degli Usa: regalare un anno di abbonamento ad un vostro amico o parente vi costerebbe 450 dollari (contro i 284 che spendereste se l’appassionato in questione vivesse negli States).

 

C Duncan – Glaswegian Wood

 


Non ricordo assolutamente come io abbia conosciuto la musica di C Duncan; dev’essere spuntato da qualche parte, tra i post di un qualche social network. Molto spesso, attirato dalla copertina, dai tag, dalle brevi descrizioni, decido di premere play sullo streaming di brani di artisti emergenti a me completamente sconosciuti. Non di rado si tratta di pezzi dimenticabili e dimenticati. Talvolta, però – ed è abbastanza raro – scatta un’immediata scintilla: questa è stata una di quelle volte.

Chris Duncan, classe 1989, è nato e cresciuto a Glasgow – e se non è, questa, una garanzia, poco ci manca. Figlio di musicisti classici, dopo aver seguito le orme familiari studiando il pianoforte e la viola, ha deciso di mettersi alla prova anche nel campo della musica leggera, scrivendo dei pezzi e pubblicandoli in rete. Oggi gran parte di quel materiale è sparito dal suo profilo Soundcloud, dove fanno bella mostra di sè Mountains e, soprattutto, For, la cui demo ha rappresentato il biglietto vincente per procurargli un contratto con la Fat Cat Records (The Twilight Sad, His Clancyness, We Were Promised Jetpacks).

For è una canzone folk corredata da loop elettronici, qualcosa a metà tra i Fleet Foxes e gli Alt-J. Ad accomunarlo ai primi, vi è senz’altro la maestosa complessità delle armonie vocali, che qui si intrecciano vorticosamente fino a costituire colonna portante della forza espressiva del pezzo. Il tutto condito da uno straordinario gusto per la melodia – non a caso Duncan si è diplomato in composizione musicale.

Il primo album è atteso per l’estate del 2015, e a giudicare dalle premesse, potrebbe davvero rivelarsi uno dei lavori più interessanti dell’anno.

 

 

SIMILAR FLAVOURS: Fleet Foxes, Beirut, Andrew Bird

 

 

Eyedress – Un Re Mida dalle Filippine

Eyedress sul palco

Se il Guardian ti dedica un articolo alla voce “Uno da osservare”, e se DAZED scrive di te “è destinato a fare per Manila quello che gli Arcade Fire hanno fatto per Montreal e i Pulp fecero per Sheffield”, c’è già abbastanza per sentirti sul trampolino di lancio. Se, poi, hai 23 anni e vieni per l’appunto dalle Filippine – non esattamente il centro del mondo – sembri allora avere le stimmate del predestinato.

Idris Vicuña, in arte Eyedress, dopo aver inseguito senza successo le carriere di designer grafico e regista, si è dato alla carriera musicale per, dice lui, “dimostrare alle ragazze di essere qualcosa“. La leggenda narra di come abbia composto i pezzi che lo hanno fatto notare dagli addetti ai lavori su un  vecchio portatile lasciatogli dal padre; ha quindi dato alle stampe per Abeano, succursale di XL Recordings,  l’EP Supernatural alla fine del 2013, che dovrebbe essere seguito nel giro di pochi mesi dall’album di debutto.

Supernatural mostra in soli quattro pezzi la varietà di umori di cui è composta l’elettronica di Eyedress. Dal malinconico synth-pop del singolo Nature Trips – accompagnato da un bizzarro quanto inquietante video – alla (sfortunata) deriva heavy-dub di No Competition, passando per l’ansioso witch-house di Bioluminal e l’etereo dreampop sintetico di Tokyo Ghost.

Qui sotto vi proponiamo invece la delicata Everything We Touch Turns Into Gold,  dedicata alla moglie (!), la modella Maya Kibbel. I due vivono al momento separati, lui a Manila o in giro per promuovere la propria musica, lei in Giappone; Idris ha espresso la volontà di lasciare le Filippine al più presto. Nella speranza che tutto ciò che tocchi diventi oro.

 

SIMILAR FLAVOURS: Chromatics, Grimes, Nite Jewel

 

 

RADIO DAYS

In principio fu la radio.

Per quasi un anno, tra la primavera del 2011 e l’inizio del 2012, La Compagnia dell’Indie è stato un programma webradiofonico in onda in diretta ogni settimana su Radio Velvet.

L’esperienza, bellissima, fu interrotta da problemi amministrativi che bloccarono le attività della webradio. L’auspicio di tornare al micronofo è ancora vivo, ma dopo lunghe riflessioni e forti dubbi ho deciso di trasformare il progetto in qualcosa a metà strada tra il blog e la webzine.

Infatti – senza regole fisse in materia di frequenza di aggiornamento e di ordine dei contenuti – La Compagnia dell’Indie proporrà una miscela di brevi recensioni, news, segnalazioni di artisti emergenti, estemporanee digressioni personali. Con l’obiettivo di risultare una godibile e tutto sommato credibile fonte di suggestioni musicali.

 

Now I’m ready to start.